DR. MICHAEL LAITMAN PER CAMBIARE IL MONDO – CAMBIAMO L'UOMO

L’impeachement contro il Presidente Trump prima o poi colpirà anche gli ebrei americani

Gli ebrei che odiano il proprio popolo, che lo facciano alla luce del giorno o dietro le quinte, sono sempre stati i peggiori detrattori di se stessi, nonché i traditori e i nemici più pericolosi.

 

Per i cittadini di un paese democratico, un conto è il non essere d’accordo con il proprio Presidente sulla sua linea politica, ma tutt’altra cosa è il coltivare, finanziare e condurre una perpetua campagna per metterlo sotto accusa. E se sei ebreo, nessuno ti perdonerà per averlo fatto.

Chiunque perderà nella battaglia fra il Presidente Trump e i suoi detrattori di sinistra (ma anche di destra), incolperà gli ebrei della sconfitta e si vendicherà di loro. L’ebreo americano liberale sta preparando con le sue stesse mani il terreno per la scomparsa dell’ebraismo negli Stati Uniti. E per scomparsa, intendo uno sterminio fisico.

Lezioni dalla storia

Sin dalle origini della nostra nazione, i nostri peggiori nemici sono sempre venuti dall’interno. Quando non avevamo nemici da fuori, i nostri correligionari li evocavano, spesso mettendo parole sulla loro bocca per fomentare l’odio.

Quando Abramo cominciò a diffondere i principi che poi divennero il cuore ed il nucleo dell’ebraismo, suo padre Terah lo portò dal Re babilonese Nimrod affinché lo giudicasse. Terah fu testimone della condanna a morte nei confronti di Abramo, e non protestò una sola volta contro il verdetto.

Giuseppe, che era destinato a grandi cose per aver riunito i suoi fratelli (il nome Yosef [Giuseppe] proviene dalla parola ebraica osef [riunione/assemblaggio]), fu quasi ucciso dai suoi parenti e poi venduto in schiavitù. Durante l’esilio, egli assicurò la prosperità agli ebrei mantenendoli uniti. “Quando Giuseppe morì”, scrive il Midrash Shemot Rabbah, gli ebrei dissero: “Fa che diventiamo come gli egiziani”, perché desideravano essere inglobati e disperdersi nel popolo egiziano. “Poiché decisero di fare così”, continua il Midrash, “il Signore trasformò l’amore che gli egiziani avevano per loro in odio, come è riportato (Salmo 105): ‘Ha trasformato il loro cuore per odiare il Suo popolo, per abusare dei Suoi servitori’”.

Mosè, che riunì gli ebrei e rese possibile la loro uscita dalla schiavitù, subì molte critiche dal proprio popolo, prima e dopo l’esodo. Le critiche peggiori prima dell’esodo arrivarono dai suoi fratelli. Midrash Tanhuma chiede nella porzione Beshalach (Capitolo 8), dove il Faraone ha trovato “600 carri scelti” per inseguire Mosè e il suo popolo in Egitto? Il Midrash risponde che erano in mezzo agli ebrei, quelli che temevano il Signore ma servivano il Faraone. “Così impariamo”, conclude il Midrash, “che coloro che temevano il Signore [ma servivano il Faraone] erano un ostacolo per Israele”.

Il Primo Tempio non faceva eccezione. Rav Yehuda Ashlag, autore del Sulam (La Scala) Il Commentario a Il Libro dello Zohar, nel suo saggio “Esilio e Redenzione”, ha scritto che il Primo Tempio venne distrutto perché gli ebrei si erano allontanati dall’unione e “Volevano abbracciare il loro egoismo ottuso”.

Nell’esilio babilonese, quando Haman volle “Distruggere, uccidere e annientare tutti gli ebrei” (Esther, 3:13), li salvò solo l’unione. Il libro Likutey Halachot (Regole Assortite) scrive nel capitolo “Regole del Tzitzit“: “Questo è il motivo per cui Esther disse specificatamente: ‘Andate a raccogliere tutti gli ebrei’ (Esther, 4). In seguito menziona anche la raccolta e la riunione, come è scritto (Esther, 8), ‘Per riunire e difendere le loro vite’… Questo perché il miracolo di Purim, che è la sconfitta di Haman, consiste principalmente nel raccogliere e riunire. Questo è ciò che invertì il suo pensiero malvagio. … Così, quando Haman volle prevalere su Israele, egli disse (Esther, 4): ‘C’è una certa nazione, dispersa e divisa fra le nazioni’. Proprio quando Israele fu disperso e diviso e non poté essere riunito, lui poté prevalere su Israele, poiché la caduta di Haman avviene quando gli ebrei si riuniscono. Per questo Esther disse: ‘Andate a raccogliere tutti gli ebrei’, specificando ‘raccogliere’”.

Dopo il loro ritorno nella Terra d’Israele, gli ebrei si trovarono a fronteggiare l’odio interno fra loro. Gli ellenisti erano ebrei che odiavano in maniera così feroce i loro fratelli che li combatterono fino alla morte, anziché combattere contro i greci.

L’odio per se stessi nel periodo del Secondo Tempio portò alla sua distruzione e ad un esilio che durò duemila anni. Ancor peggio, Tiberio Giulio Alessandro, comandante degli eserciti romani che conquistarono Gerusalemme, distrusse il Tempio ed esiliò il suo popolo; egli era un ebreo alessandrino, il cui padre aveva donato l’oro e l’argento per la realizzazione dei cancelli del Tempio. Prima che Tiberio Alessandro attaccasse Gerusalemme, devastò la sua comunità natale di Alessandria, provocando uno scenario apocalittico, secondo lo storico ebreo-romano Giuseppe Tito Flavio: “L’intero distretto [fu] sommerso di sangue, e vennero raccolti 50.000 cadaveri”.

Dalla distruzione del Tempio con l’inizio dell’esilio, numerosi ebrei si sono ribellati contro il proprio popolo, spesso infliggendo danni indebiti ai loro correligionari. In molti casi, gli ebrei trasformatisi in antisemiti erano l’unica fonte di informazioni per alimentare l’odio contro gli ebrei. Il giornalista francese Bernard Lazare descrive nel suo libro L’antisemitismo, la sua storia e le sue cause, il feroce odio dei convertiti (ebrei spagnoli che si erano convertiti al cristianesimo prima dell’espulsione del 1492) verso i loro fratelli. “Il Talmud era il grande antagonista dei convertiti. Essi lo denunciarono costantemente davanti agli inquisitori, al re, all’imperatore e al papa. I teologi cattolici seguirono l’esempio dei convertiti perché molto spesso non avevano nessun altra nozione sul Talmud oltre a quelle riportate dai convertiti”.

Nel quindicesimo secolo Peter Schwartz e Hans Bayol, ebrei convertiti, incitarono i residenti di Ratisbon in Germania, a saccheggiare il ghetto ebraico. Intorno allo stesso periodo in Spagna, Pedro (Samuel) de la Caballeria scrisse Wrath of Christ Against the Jews, Johannes Pfefferkorn scrisse Enemy of the Jewish e Jerome di Santa Fe (Yehosúa ben Yosef) scrisse Hebreomastyx.

Alcuni anni prima, l’arcivescovo spagnolo Paul de Santa-Maria, cancelliere della Castiglia, conosciuto come Rabbi Salomone Levi di Burgo, prima della sua conversione demonizzò gli ebrei agli occhi di re Enrico III di Castiglia. Sotto sua esortazione le sinagoghe furono invase e saccheggiate con odio feroce.

Tomàs de Torquemada, il grande inquisitore della Spagna, fu il più grande fra i convertiti antisemiti del tardo Medioevo. Nel suo libro The Jews in the Medieval World: A Source Book, 315-1791, lo storico Jacob Rader Marcus descrive un evento straordinario che quasi cambiò il corso della storia a favore degli ebrei, se non fosse stato per Torquemada. Secondo Marcus, “L’accordo che consentiva agli ebrei di rimanere in Spagna in cambio del pagamento di una grande somma di denaro era quasi completato, quando fu ostacolato dall’interferenza del Prior di Santa Cruz [Torquemada appunto]. La storia racconta che Torquemada, alzando un crocifisso con la mano, inveì contro il re e la regina: ‘Giuda Iscariota ha venduto il suo maestro per trenta pezzi d’argento. Sua Altezza lo vende di nuovo per trentamila. Eccolo qui, lo prenda e lo baratti via da qui’. Allora la regina diede una risposta ai rappresentanti degli ebrei, simile al detto di re Salomone [Proverbi 21: 1]: ‘Il cuore del re è in mano al Signore come l’acqua nei fiumi: Egli lo trascina in qualunque luogo’. E aggiunse: ‘Credete che ciò che vi sta accadendo provenga da noi? Il Signore ha messo questa cosa nel cuore del re’”.

Gli ebrei che odiano il proprio popolo, che lo facciano alla luce del giorno o dietro le quinte, sono sempre stati i peggiori detrattori di se stessi, nonché i traditori e i nemici più pericolosi.

Prima della seconda guerra mondiale, molti leader e studiosi ebrei vedevano di buon occhio il Nazismo. Donald L. Niewyk scrive nel The Jews in Weimar Germany: “Il banchiere ebreo Max Warburg vedeva nel Nazismo ‘una reazione necessaria’ contro i nemici stranieri della Germania, e si rallegrava ‘che la nazione tedesca, dopo anni di sofferenza, avesse riunito con tanta forza tale movimento [nazista]’”. Secondo Niewyk, “La stragrande maggioranza degli ebrei si era impegnata con passione per il benessere della sua unica patria, la Germania”.

Ancora peggio, le organizzazioni ebraiche sostennero e promosero attivamente l’ascesa di Hitler e del partito nazista al potere. L’Associazione degli Ebrei Nazionali Tedeschi chiese l’eliminazione dell’identità etnica ebraica e sostenne Hitler. Allo stesso modo, l’Avanguardia Tedesca, spesso definita come “ebrei nazisti”, altro non era che un altro gruppo di ebrei tedeschi seguaci di Hitler.

Anche durante la guerra, mentre i loro fratelli venivano sterminati come pidocchi nei campi di morte dell’Olocausto, alcuni ebrei erano impegnati ad aiutare Hitler. Il barone Von Rolland non era nato con quel nome. Nacque come Isaac Ezratty e divenne una spia al servizio del Terzo Reich. Allo stesso modo, Werner Goldberg, solo per metà di origini ebraiche, era un soldato nell’esercito tedesco e successivamente frequentò la scuola del Reich Board of Labor Studies, dove divenne docente. La sua immagine apparve nel Berliner Tageblatt come quella de “Il soldato tedesco ideale”.

L’odio ebraico per se stessi persiste

Nulla è cambiato dal primo incontro con il forno crematorio di Abramo. Oggi gli ebrei sono ancora i peggiori nemici di se stessi. Il movimento di boicottaggio, divisione e sanzioni (BDS) è pieno di ebrei e israeliani che odiano Israele più di qualsiasi altra cosa al mondo. Politici e consiglieri politici ebrei stanno alimentando l’odio nei media e nel mondo intero proprio come hanno fatto i loro predecessori in tutta la nostra storia.

Oggi c’è una forma ancora più nociva dell’odio ebreo per se stessi: l’anti-sionismo. I liberali come Bernie Sanders si presentano come umanisti quando attaccano verbalmente Israele per il suo atteggiamento nei confronti dei palestinesi. Ma li avete mai sentiti attaccare verbalmente la Siria per aver ucciso il proprio popolo con i gas, o i paesi come l’Arabia Saudita o il Pakistan per aver condannato a morte la gente a causa dei post su Facebook? Sanders attaccherà Hamas quando lancerà razzi su Israele dalle gallerie che stanno costruendo sotto le scuole dei propri figli, oppure condannerà solo Israele per il fuoco di ritorno?

Potremmo denunciare il vile fanatismo contro Israele che Sidney Blumenthal insinuava inesorabilmente nelle orecchie di Hillary Clinton, ma la campagna degli ebrei liberali contro il presidente Trump presenta un pericolo più grave. Durante la campagna elettorale, questi liberali ritraevano Trump come un antisemita. Quando hanno capito che non era antisemita, allora sostenevano che la sua retorica promuovesse l’antisemitismo. Ora che Donald Trump è il presidente, stanno facendo tutto il possibile per metterlo sotto accusa.

L’atteggiamento degli ebrei liberali contro il presidente Trump va di pari passo con la resistenza allo Stato d’Israele, e rispecchia il loro sostegno a Bernie Sanders, Keith Ellison e Barack Obama.

Tra le vecchie generazioni, molti ebrei americani sostengono ancora lo Stato di Israele, ma fra gli ebrei del terzo millennio, il sentimento è molto chiaro. La maggior parte di loro non vuole avere niente a che fare con l’ebraismo e si oppone attivamente a tutto ciò che riguarda il sostegno ad Israele. Partecipano attivamente ad organizzazioni come il BDS, Jews for Justice for Palestinians (Ebrei per la Giustizia dei Palestinesi), Jewish Voice for Peace, (la Voce Ebraica per la Pace) ed altre organizzazioni anti-Israelite. Tutte soddisfano i tre criteri che definiscono l’antisemitismo, cioè doppio standard, demonizzazione e delegittimazione. In altre parole, questi ebrei sono antisemiti.

Gli ebrei americani che si presentano come progressisti non fiatano quando gay o lesbiche vengono uccisi nei paesi musulmani. Ma quando un soldato israeliano uccide un terrorista, sollevano un grido come se il crimine più efferato si fosse appena compiuto. Quando gli ebrei americani considerano non importante il sangue degli ebrei israeliani, è un segno molto brutto.

Invertire la marea

Ho detto più volte che l’essenza dell’ebraismo è la connessione fra le persone. Hillel il Vecchio definì molto sinteticamente l’essenza dell’ebraismo: “Quello che tu odi, non farlo al tuo prossimo; questa è tutta la Torah” (Talmud babilonese, Masechet Shabbat, 31a). Il rabbino Akiva mirò anche più in alto quando spiegò l’essenza dell’ebraismo: “Ama il prossimo tuo come te stesso è la grande regola della Torah” (Talmud di Gerusalemme, Capitolo 9, Nedarim, p 30b).

Gli ebrei hanno la responsabilità di ristabilire questa connessione fra loro e di trasmetterla al resto del mondo, che ci piaccia oppure no. Nel suo saggio “La Garanzia Reciproca”, Rav Yehuda Ashlag scrisse: “Spetta alla nazione di Israele qualificarsi e a tutti i popoli del mondo svilupparsi fino ad assumere quel sublime lavoro dell’amore per gli altri che è la scala per lo scopo della creazione”. Nel suo saggio, Ashlag descrive la nazione israeliana come “Una sorta di passaggio dove le scintille d’amore per gli altri brillano su tutta la razza umana in tutto il mondo”.

L’ADMOR di Gur scrive nel libro Sefat Emet (Miketz): “Nessun vaso contiene benedizioni tranne la pace. Pertanto, la persistenza del bene avviene attraverso l’unione”. Più tardi nel libro aggiunge: “La cosa più importante è la connessione di Israele: per impiantare l’amore, la fratellanza e l’amicizia fra le persone. Questo porta grandi salvezze e rimuove tutti i calunniatori”.

Allo stesso modo, è fondamentale rimarcare l’importanza che il rabbino Kalman Epstein attribuisce all’unione: “Le difese principali contro le calamità sono l’amore e l’unione. Quando ci sono amore, unione e amicizia in Israele, nessuna calamità può abbattersi su di loro. … Quando c’è connessione fra loro e nessuna separazione dei cuori, hanno pace e tranquillità … e tutte le maledizioni e le sofferenze vengono così rimosse” (Maor Vashemesh, Nitzavim).

I nostri saggi parlano molto dell’unione interna come chiave del nostro successo. Purtroppo, non abbiamo ancora imparato dai nostri sbagli. Continuiamo invece a ripetere gli errori dei nostri antenati. Almeno impariamo questo: quando non siamo uniti, attiriamo su di noi quello che l’odio infondato ci portò al tempo della distruzione del Secondo Tempio: distruzione, dispersione e morte.

Tuttavia, le circostanze attuali non sono ancora così disperate. Possiamo ancora essere ciò che dovevamo: “Una luce per le nazioni”, mostrando un esempio di unione e non di separazione. Ma perché questo possa avvenire, dobbiamo fare una scelta consapevole. È mia speranza che questo articolo ci aiuti a vedere che l’unione è la chiave del nostro successo, del nostro riconoscimento da parte delle altre nazioni e dell’adempimento da parte nostra dello scopo per cui siamo al mondo.

Originariamente pubblicato su Unitingeurope.blogactiv.eu

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