DR. MICHAEL LAITMAN PER CAMBIARE IL MONDO – CAMBIAMO L'UOMO

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Una tavola del Seder di Pesach Credit: Sconosciuto

Una tavola del Seder di Pesach Credit: Sconosciuto

Quest’anno, mentre siamo seduti attorno alla tavola durante il Seder parlando di libertà, proviamo a parlare anche di libertà dall’odio.

 

Più ci immergiamo in questo 2017 e più il mondo ci appare caotico. Oggi l’unica cosa su cui la maggior parte della gente concorda è che il treno della società stia deragliando e il sedile del conducente sia vuoto. Donald Trump sta lottando per mettere in moto la sua amministrazione contro tutti i fedelissimi del governo precedente che si celano fra i media e nel sistema giudiziario. Anche nel suo stesso partito Trump sta combattendo il criticismo che sembra arrivato direttamente da un discorso di Bernie Sanders. In Europa, il Regno Unito ha iniziato il processo della Brexit; nessuno ha idea di quali saranno le conseguenze di questo strappo e nessuno ha idea di quale direzione dovrà prendere l’Unione Europea.

Oggi la maggior parte dei suoi leader e dei suoi deputati concorda sul fatto che l’Unione Europea si sia persa per strada. Figure di spicco come Gianni Pittella dichiarano: “Abbiamo bisogno di una nuova direzione per l’Europa, che vada a costituire un forte pilastro sociale”. Anche Rosa D’Amato dichiara: “Esiste l’Unione Europea delle banche, quella delle grandi aziende e delle lobby e l’Unione Europea dei cittadini; quelli che hanno perso il lavoro e non hanno diritti”.

Sembra che la tendenza nell’arena politica sia “ogni paese per se stesso”. La Brexit è in corso, la politica di Trump è “L’America per prima”, Marine Le Pen in Francia e l’AfD in Germania, stanno raccogliendo consensi, e la maggioranza degli svedesi sostiene la Swexit. Eppure, se l’Unione Europea va in pezzi e ogni paese deve provvedere a se stesso, chi sarà l’adulto responsabile che calmerà le cose in caso di conflitti? In un tale stato, la distanza fra una controversia relativamente minore e una vera e propria guerra potrebbe essere una questione di giorni.

La Natura contro la natura umana

Il premio Nobel per la Fisica, Dennis Gabor, nel 1964 scrisse: “Fino ad ora l’uomo si è posto contro la Natura; d’ora in poi si porrà contro la propria natura”. In effetti, per diversi decenni siamo stati tecnologicamente in grado di soddisfare tutte le esigenze necessarie per la sopravvivenza di ogni essere umano. Se volessimo, potremmo fornire a tutti cibo fresco e acqua, servizi igienici adeguati, elettricità, comunicazione ed educazione.

Il problema è che non abbiamo alcun interesse a farlo. Il nostro odio per gli altri, proprio nell’epoca tecnologicamente più avanzata della storia umana, sta causando la carestia alimentare più diffusa dalla Seconda Guerra Mondiale, che già di per sé era stata la manifestazione peggiore dell’odio umano.

Tutto ciò che è intorno a noi, incluso il nostro stesso corpo, è il risultato, spesso contrastante, di diverse forze, organi e vettori complementari l’uno con l’altro che creano l’universo in cui viviamo e di cui siamo parte. Ogni parte di questa rete contribuisce alla stabilità e alla prosperità di tutto il sistema, che è appunto il nostro mondo. Inoltre, più in alto si sale nella catena evolutiva, più complesso è il sistema di interconnessione e interdipendenza, e richiede un livello più elevato di comunicazione e di connessione fra le parti.

Eppure, noi esseri umani siamo completamente opposti alla natura. Ci sforziamo di separarci da tutto ciò, come se non fossimo dipendenti dal mondo che ci circonda. Ad ogni livello dell’esistenza umana, ci sforziamo di creare delle “Brexit”. Anche la nostra salute è influenzata dalla nostra antipatia reciproca. In un’intervista per Channel 2 in Israele, Thomas Friedman del New York Times ha posto una domanda al Chirurgo di Medicina Generale Vivek Murthy: “Qual è la malattia più diffusa in America: il cancro, il diabete o le malattie cardiache? La sua risposta: ‘Nessuna di queste; è l’isolamento!’”

Quindi ora sappiamo che la nostra alienazione è la causa delle nostre crisi personali, sociali e globali; cerchiamo di andare contro la natura connessa della realtà. In verità, la tensione fra l’isolazionismo, il narcisismo e la connessione della realtà è cresciuta così intensamente che, con ogni probabilità, sarebbe già dovuta scoppiare. L’ondata globale di terrorismo è di fatto una tragedia, ma nonostante le sue tragiche conseguenze, il terrorismo è solo un modo per sfogare l’odio etnico e religioso, un modo meno dannoso di una guerra a tutto campo. Eppure, chiaramente, questo tipo di “valvola di decompressione” è insopportabile e se non ci affrettiamo a disinnescare questa bomba a orologeria, esploderà in una guerra mondiale.

Quanto più ci evolviamo, tanto più connessi e interdipendenti diventiamo. Ironia della sorte, il nostro narcisismo sta guidando la globalizzazione in modo ancora più veloce, poiché ci spinge a sfruttare tutti per il nostro beneficio e quindi ci costringe a connetterci ad altre persone più di prima, proprio per utilizzarle a nostro piacimento. Allo stesso tempo, dato che il narcisismo cresce, la nostra connessione forzata sta diventando talmente dolorosa che stiamo perdendo la capacità di connetterci gli uni con gli altri nella maniera corretta. Evitiamo la connessione del tutto con il suicidio e l’abuso di sostanze, oppure la contrastiamo diventando sempre più aggressivi e trasgressivi, talvolta anche feroci assassini.

Le Brexit che stanno fervendo in tutto il mondo, sono delle valvole di sicurezza necessarie per alleggerire la pressione della nostra connessione forzata. Romano Prodi, ex Premier d’Italia, ha giustamente concluso che “L’Unione Europea non ha più strategie e non c’è nessun leader da seguire. L’Europa che ho sognato è morta”. Aveva anche ragione nel dire che: “Chi guida una coalizione politica che riunisce un gruppo di paesi, deve considerare gli interessi di tutti i membri”. Dal momento che questa considerazione chiaramente non riflette l’odierna situazione dell’Unione Europea, questa deve essere smantellata prima che ci faccia esplodere tutti in mille pezzi.

Responsabili reciprocamente

Nonostante la temporanea necessità di dividerci, alla fine dovremo seguire il corso della natura e connetterci. La connessione corretta sarà la prossima grande sfida dell’umanità. La nostra “ultima frontiera” non è lo spazio, come abbiamo pensato ne gli anni sessanta. La nostra ultima frontiera sono i rapporti con le persone con cui viviamo. La connessione con le persone intorno a noi e le connessioni fra società e paesi determineranno il destino dell’umanità.

Il primo passo verso la costruzione di una società sostenibile è quello di capire che ci deve essere la responsabilità reciproca fra noi, che ci piaccia oppure no. Nel 1930, il più grande commentatore de Il Libro dello Zohar, Rav Yehuda Ashlag, scrisse un saggio dal titolo “La Pace nel Mondo” nel quale osservava come siamo tutti interdipendenti. Dalle sue parole: “Non possiamo più parlare o trattare di comportamenti giusti che garantiscano il benessere di un solo paese o di una sola nazione, ma solo di comportamenti giusti che favoriscano il benessere di tutto il mondo, poiché il beneficio o il danno di ogni persona dipende e si misura con il beneficio di tutte le persone del mondo”. Quello che valeva per il 1930 è ancor più valido oggi, anche se dobbiamo ancora fare i conti con il fatto che la dipendenza reciproca implica la responsabilità reciproca.

In realtà, l’Ebraismo è costruito sull’educazione delle persone alla connessione. Ora che siamo nella settimana di Pesach, è un buon momento per ricordarci che siamo stati dichiarati una nazione solo dopo aver deciso di unirci “Come un solo uomo con un solo cuore”.

Durante gli anni di formazione della nostra nazione, ci siamo sforzati di migliorare la nostra connessione al di sopra dell’odio che era scoppiato fra noi. Abbiamo trasformato la connessione al di sopra dell’odio in un’ideologia che è sopravvissuta attraverso le generazioni. Re Salomone disse: “L’odio provoca liti, ma l’amore copre tutte le colpe” (Proverbi 10:12). Allo stesso modo, il libro Likutey Etzot (Consigli Assortiti) scrive: “L’essenza della pace è connettere due opposti. Quindi non allarmatevi se litigate con una persona perché ha un’opinione completamente diversa dalla vostra e pensate che non sarete mai in grado di trovare un punto d’accordo con lei. Inoltre, quando vedete discutere due persone di ideologie completamente opposte, non pensate che sia impossibile portare la pace fra loro. Al contrario, l’essenza della pace è cercare di portare la pace fra i due opposti”. Il grande Rav Kook scrisse (Lettere del Raiah): “La grande regola sulla guerra delle opinioni, quando ogni opinione va a contraddirne un’altra, è che non serve smentire nulla, ma piuttosto costruire al di sopra di esse e pertanto ci eleviamo”. Infine, proprio l’anno scorso Andrés Spokoiny, Presidente e Amministratore Delegato della Jewish Funders Network ha detto: “Il rispetto e il disaccordo sono stati storicamente una parte importante di ciò che siamo. Siamo un popolo che crede che il disaccordo sia un modo per affinare la nostra bussola morale. Noi siamo il popolo che ha insegnato al mondo ad abbracciare la diversità e a celebrare la differenza”.

In prima linea nella connessione

Recentemente, come il signor Spokoiny ha osservato durante il suo discorso, si è vista “una polarizzazione senza precedenti e la mancanza di armonia nella comunità ebraica. Coloro che la pensano diversamente vengono considerati nemici o traditori, e quelli che non sono d’accordo con noi vengono demonizzati”.

Una volta intuito che il nostro problema sono la separazione e l’odio reciproco, dobbiamo andare nella direzione opposta. Quando noi ebrei ci unimmo ai piedi del Monte Sinai, ci fu stato immediatamente assegnato il compito di impostare un esempio di unione, in modo che anche tutto il mondo potesse unirsi. In altre parole, ci fu comandato di essere “una luce per le nazioni”. Noi non sapevamo come, ma eravamo disposti a provare. Questo è tutto ciò che ci viene chiesto di ripetere oggi.

Allo stesso modo, nel saggio che ho menzionato prima “La Pace nel Mondo”, Rav Ashlag scriveva che non sapremo come connetterci fino a quando non ci proveremo. Nelle sue parole: “Questa è la condotta dello sviluppo della natura: l’atto viene prima della comprensione e solo le azioni si riveleranno e spingeranno l’umanità in avanti”.

Noi ebrei siamo all’avanguardia nella scienza, nella tecnologia e nella finanza. Eppure ciò di cui il mondo ha bisogno è che noi siamo in prima linea nella connessione. Come ha detto il signor Spokoiny: “Il crollo della civiltà non è solo un problema ebraico. Noi ebrei siamo come tutti gli altri e anche un poco di più”. Tuttavia noi, in quanto ebrei, siamo gli unici a dover essere un modello di unione e di civiltà e non un esempio del contrario. La severità con la quale le Nazioni Unite giudicano Israele, a differenza di tutti gli altri paesi del mondo messi insieme, non è solo espressione di antisemitismo. Sotto l’odio cova l’aspettativa che gli ebrei debbano essere “Una luce per le nazioni”, cioè debbano guidare il mondo nella direzione opposta, dall’odio all’amore. Quando questa aspettativa incontra la dura realtà della nostra separazione, si traduce in rabbia verso di noi e poi si trasforma in odio. Noi lo chiamiamo antisemitismo. Ma ciò che lo infiamma non è se siamo dei discepoli della globalizzazione di sinistra oppure dei fautori dell’isolamento, conservatori e intransigenti, piuttosto, il suo combustibile è il come trattiamo i nostri correligionari, indipendentemente dalle loro opinioni politiche o economiche.

Dobbiamo usare ogni opportunità a nostra disposizione per cercare di invertire la tendenza all’isolamento. Durante questa settimana, mentre siamo seduti attorno alla tavola durante il Seder parlando di libertà, proviamo a parlare anche di libertà dall’odio. Pensiamo davvero a quello che significa essere “Una luce per le nazioni” e perché esiste l’antisemitismo. Se lo facessimo, questa potrebbe benissimo rivelarsi la settimana di Pesach più significativa e memorabile di sempre!

Proprio il mese scorso, il presidente dell’Unione Europea, Antonio Tajani, ha dichiarato dinanzi al Parlamento: “Oggi più che mai abbiamo bisogno di dimostrare che queste sfide possono essere superate solo se siamo uniti”. Tutti capiscono che l’unione è indispensabile, ma solo la nostra nazione ha la chiave nascosta per fare in modo che l’amore copra tutti i crimini, come affermò Re Salomone. Se “L’atto viene prima della comprensione”, come scrisse Ashlag, allora agiamo per l’unione e vediamo cosa accadrà. Qualunque cosa accada, se punteremo all’unione, non avremo di certo sbagliato strada.

Originariamente pubblicato su Unitingeurope.blogactiv.eu

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