DR. MICHAEL LAITMAN PER CAMBIARE IL MONDO – CAMBIAMO L'UOMO

Quello che leggiamo nella Torah non è necessariamente la realtà

La pratica del “Tikkun Leil Shavuot” consiste nel dedicare un’intera notte allo studio e alla discussione della Torah. (photo credit: REUTERS)

La pratica del “Tikkun Leil Shavuot” consiste nel dedicare un’intera notte allo studio e alla discussione della Torah. (photo credit: REUTERS).

Niente è più prezioso della Torah, allora perché abbiamo dimenticato che non ha nulla a che vedere con le parole senza significato dei libri stampati, ma ogni cosa riguarda solo l’unione?

 

“Non è necessariamente così”, cantava Sportin’ Life nell’opera Porgy and Bess, e aggiungeva: “Le cose che sei in grado di leggere nella Bibbia non sono necessariamente così”. Una settimana fa, abbiamo celebrato Shavuot, la festa del dono della Torah. La maggior parte degli ebrei non osservanti sa che questa festa include un pasto con grandi quantità di dolci a base di latticini. Molti ebrei sanno anche che in questo giorno, molto tempo fa, la Torah venne donata al popolo di Israele.

Pochissime persone, tuttavia, sanno cosa sia veramente la Torah. Di conseguenza, in pochissimi capiscono perché festeggiamo l’averla ricevuta. Contrariamente a ciò che è stato insegnato a molti di noi, la Torah non è un insieme di regole che dobbiamo osservare per placare un Dio terribile, né una raccolta di storie che possono essere accadute o meno.

Come vedremo in seguito, non c’è nulla di più pertinente alla nostra vita della Torah.

Nulla può portarci beneficio maggiore del sapere cosa sia la Torah, a cosa serva e come possiamo usarla. Quando lo capiremo, vedremo che Shavuot non è solo una festa, ma è un punto molto importante nella nostra ricerca della felicità.

Una sola condizione

Il Talmud dice che quando un gentile chiese a Hillel il Vecchio il significato della Torah, Hillel rispose semplicemente: “Quello che tu odi, non farlo al tuo prossimo; questa è tutta la Torah” (Talmud, Masechet Shabbat, 31a). In maniera analoga, Rabbi Akiva, i cui discepoli composero sia Il Libro dello Zohar che la Mishnah, disse: “Ama il prossimo tuo come te stesso è la grande regola della Torah” (Talmud di Gerusalemme, Nedarim, Capitolo 9, p 30b).

Il popolo di Israele, per avere il dono della Torah, si è unito “Come un solo uomo con un solo cuore” (RASHI – Commentario sull’Esodo 19:2), e così ha ricevuto una forza che lo ha elevato al di sopra del suo egoismo; questo ha fatto in modo che le persone si amassero le une con le altre come se stesse. Non hanno ricevuto alcun libro, piuttosto, la loro unione ha creato le condizioni necessarie per avere il potere di trascendere se stesse e di unirsi al di sopra dei loro ego perché, come ha detto Re Salomone nel libro dei Proverbi (10:12): “L’odio provoca liti, ma l’amore copre tutte le colpe”.

Nel libro Avnei Miluim (Introduzione) è scritto: “Questo è ciò che i nostri saggi intendevano quando dissero: ‘E Israele si accampò lì ai piedi del monte’, tutti loro ‘Come un solo uomo con un solo cuore’. Volevano dire che l’intera nazione si era unita in un unico uomo, dopo di che Colui che dona fu costretto a dar loro la Torah”.

Nel corso dei secoli, i nostri saggi parlarono della forza di trasformazione che ha la Torah, come di una “luce”. Affermarono innumerevoli volte che la luce nella Torah riforma, cioè trasforma una persona da egoismo ad amore per gli altri. Il libro Mesilat Yesharim (Capitolo 5) dice: “Questo è il significato di ciò che dissero i nostri saggi (Midrash Rabbah, Eicha, Prefazione): ‘Io vorrei che lasciassero Me e prendessero la Mia legge (Torah)’, perché la sua luce li possa riformare (l’inclinazione al male)”. Allo stesso modo, nel libro Maor Eynaim (Parashat Tzav) è scritto: “Con la Torah, l’uomo può lottare contro l’inclinazione al male e sottometterla, perché la luce in essa la riforma”.

Nel Talmud Babilonese (Kiddushin 30b) è scritto che il Creatore disse: “Figli miei, ho creato l’inclinazione al male e ho creato la Torah come spezia”. Il libro Metzudat David (Commentario su Geremia, 9:12) spiega, analogamente, che Israele ha perso la sua terra perché è caduta nell’inclinazione al male nel momento in cui ha smesso di impegnarsi nella Torah perché “la luce in essa la (l’inclinazione maligna) riforma”. E a questo punto non dobbiamo fraintendere il significato di “inclinazione al male”, poiché la Holym Shlah afferma: (Nelle Dieci Affermazioni “Affermazione n. 6”): “Le qualità più malvagie sono l’invidia, l’odio, l’avidità e la lussuria, le quali sono le qualità dell’inclinazione al male”, in pratica le qualità che costituiscono il nostro ego.

Non c’è Torah senza unione

Quando noi, popolo d’Israele, abbiamo ceduto all’inclinazione al male e siamo caduti nell’odio infondato, abbiamo perso molto di più del Tempio. Abbiamo perso la nostra capacità di far uso della Torah, la luce che riforma, per salire al di sopra dei nostri ego. Invece della luce ci sono rimaste le parole la cui connessione all’amore per gli altri, alla responsabilità reciproca e all’unione è ora a noi nascosta. Perdendo quella connessione abbiamo perso tutto ciò che definisce il Giudaismo e il popolo di Israele.

I nostri antenati hanno ricevuto la luce che riforma e sono diventati una nazione dopo che si sono impegnati ad unirsi “Come un solo uomo con un solo cuore”. Adesso noi dobbiamo ricominciare a coltivare la nostra unione. E non dobbiamo più aspettare proprio perché il nostro odio infondato è ancora così profondo. Ogni ulteriore ritardo può costarci molto in vite umane e tormenti, perché il nostro mondo diverrà presto troppo immerso nell’odio e nel sospetto per tornare sui suoi passi.

Impegnarsi nella Torah non significa scorrere le parole di un libro scritto; significa incrementare l’unione fra noi in modo che copra il nostro odio, proprio come disse Re Salomone. Il libro Maor Vashemesh (Parashat Yitro) spiega questo punto con le seguenti parole: “Il dono della Torah avviene principalmente grazie alla nostra unione, come nel verso: ‘E Israele si accampò lì ai piedi del monte’, ‘Come un solo uomo con un solo cuore’, e lì cessarono i loro orrori (l’inclinazione al male)”. Nella Parashat Emor, il libro continua: “Durante i giorni del conteggio (omer), l’uomo deve correggere la qualità dell’unione e, per questo, durante la festa di Shavuot si viene ricompensati con la Torah, come è scritto: ‘E loro viaggiarono da Refidim e arrivarono al deserto del Sinai, e Israele si accampò lì ai piedi del monte’. RASHI ha interpretato che fossero tutti in un unico cuore come un solo uomo, e questo è il motivo per cui furono ricompensati con la Torah”.

Anche il libro Likutey Halachot (Regole Assortite) spiega la connessione fra la Torah e l’unione di Israele. Nel capitolo Hilchot Arev (“Regole di garanzia”), il libro dice: “La radice della responsabilità reciproca si estende principalmente dalla ricezione della Torah, quando tutti, nel popolo d’Israele, erano responsabili gli uni per gli altri. È così perché, alla radice, le anime di Israele sono considerate una, perché derivano dall’origine dell’unione. Per questa ragione, tutte le persone di Israele erano responsabili le une delle altre in merito alla ricezione della Torah”, cioè la ricezione della luce che riforma.

Nel capitolo Hoshen Mishpat, il libro Likutey Halachot sottolinea la connessione fra la Torah e la responsabilità reciproca: “È impossibile osservare la Torah e le Mizvot (precetti)”, cioè ricevere la luce che trasforma l’egoismo in amore per gli altri, “A meno che questo non avvenga attraverso la responsabilità reciproca, quando ognuno è responsabile del suo amico. Per questo motivo, ognuno dovrebbe includersi in tutta Israele in grande unione. Quindi, al tempo della ricezione della Torah, essi divennero immediatamente responsabili l’uno dell’altro, perché vollero ricevere la Torah il prima possibile, dovettero fondersi come un tutt’uno per essere inclusi in quel desiderio. … Così, essendo ognuno responsabile per il proprio amico, poterono osservare la Torah. Senza questo, ricevere la Torah sarebbe stato impossibile”.

Se vogliamo sopravvivere

Nella realtà turbolenta che regna nella nostra vita odierna, impegnarsi nella Torah, cioè coltivare l’unione, non è solo la chiave per il nostro successo, ma è la chiave della nostra sopravvivenza come individui, come ebrei e come nazione sovrana.

Shavuot, la festa del dono della Torah, ci ricorda che avremo successo solo se ci uniremo. Altrimenti il Talmud ci avverte in due passi separati (Shabbat 88a, Avoda Zarah 2b): “Sarà la vostra tomba”.

Non dobbiamo fare affidamento sui governanti stranieri e sulle trombe che squillano. La nostra arma è unica e non ci può essere tolta. Non fa male a nessuno, ma ci rende indistruttibili. La nostra arma è il potere dell’unione e la festa del dono della Torah ci ricorda che dobbiamo usare la nostra forza segreta, la luce che riforma, che risiede nella nostra unione e che è la nostra legge, la nostra Torah.

Originariamente pubblicato su Unitingeurope.blogactiv.eu

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